17/03/10

Lo cunto di De Cunto

Parabola savanologica

Ogni giorno una gazzella si sveglia e sa che deve correre per sopravvivere.
Ogni giorno un leone si sveglia e sa che deve correre per sopravvivere.
Ora, non è importante se sono leoni o gazzelle, fatto sta che c’è un casino di pazzi, tutti corrono avanti e indietro, e non ci si capisce niente.
E’ certo una vita frenetica e stressante: non si ha tempo per coltivare i propri interessi, per intrattenere relazioni sociali, per dare spazio agli affetti e alle proprie intime aspirazioni.
C’era una giovane gazzella, di nome Giovanni, che percepiva in modo particolare la pesantezza di questo stile di vita, e se ne sentiva soffocato.
Giovanni si svegliava ogni mattina di cattivo umore, consapevole di avere a malapena il tempo per un caffè e una sigaretta che doveva incominciare a correre. Questo lo deprimeva non poco. Giovanni, vedete, aveva un animo artistico e creativo, e avrebbe voluto fare un sacco di cose belle e stimolanti, invece che correre sempre: avrebbe voluto dipingere e suonare, viaggiare e scoprire il mondo. E invece era costretto a quell’opprimente rito del tran tran. E poi, a dirla tutta, era anche un po’ pigro e refrattario all’attività fisica. Ma non basta. Quelle poche ore di svago che gli rimanevano, alla sera, erano infruttifere - quando si corre tutto il giorno, a fine turno non ci si mette certo in mente di fare qualcosa di costruttivo! Si rimane stanchi morti davanti alla televisione che manda Panariello e si tira a campare -.
Quando ne aveva le forze, Giovanni andava a cinema o a cena fuori con Gazzella, la sua ragazza, e prima di riaccompagnarla, se i suoi non c’erano, l’invitava a salire per un drink. Salvo poi addormentarsi sull’uscio di casa, lasciandola delusa e a piedi - e sì che Gazzella era quella che le gazzelle usano chiamare un gran pezzo di gnocca -. La cosa gli aveva procurato alcune spiacevoli discussioni.
Insomma, Giovanni non ce la faceva più. Avrebbe voluto parlarne con qualche amico, ma correvano tutti, o non potevano perdersi la puntata di “Un posto al sole”.
Così una mattina si alzò e disse: « Mamma, oggi non ci vado a correre »
« Ahé, un’ altra assenza, guarda che il leone ti mangia » rispose la mamma
« Mi inventerò una soluzione » ribatté Giovanni.
La madre rimase un po’ interdetta (dovete sapere che quella delle gazzelle è una specie molto tradizionalista, e non gradisce stravaganze ), ma che fare? Con quel figlio non c’era verso e non c’era verso! Si metteva una strana idea in testa e quella era. Non poteva fare come tutte le altre gazzelle, che da che mondo è mondo corrono?! no! E ci sta ‘sto concerto di qua, e voglio andare in inter-rail di là, e Panariello non mi piace….Era una madre esasperata, ma che ci doveva fare?! Tanto, se Giovanni aveva deciso di non andare a correre, non ci andava. Ma un giorno di questi gliela avrebbe fatta vedere lei, a lui e al padre, sissignore! Li avrebbe piantati e se ne sarebbe andata dalla sorella, in Congo, che lì sì che c’erano persone serie, non come quei due fannulloni di Giovanni e del padre…E borbottando più o meno queste cose, se ne andò, tanto per cambiare, a correre.
Giovanni, dunque, si trovava da solo a casa, cioè a cielo aperto, e doveva trovare qualche espediente per non essere mangiato, visto che di correre proprio non voleva sentirne parlare.
Temp’ era del principio del mattino, mentre stava lì a pensare, che in verità si era pure distratto e si immaginava di essere Pegasus e di intommecare di mazzate la belva feroce, quando in lontananza la vista gli apparve di un leone! ( per chi non lo sappia, questa è una citazione colta!)
Dovete sapere che i leoni, anche se sono di corporatura robusta, corrono come struzzi: il re della foresta già si trovava a 50 metri da lui, e Giovanni, dovendo trovare una soluzione repentina, si precipitò verso un pino per arrampicarcisi sopra ( sì, un pino nella savana, avete qualche problema?!).
Le zampe gli scivolavano sul tronco, mentre il leone avanzava, e il sudore gli scendeva a fiotti dalle tempie, che almeno sin dai tempi di Noè non si era mai vista gazzella che sapesse arrampicarsi sugli alberi! Già lo stava prendendo lo sconforto, quando trovò un buco sul tronco dove fare perno e salì.
Il leone arrivò sotto l’albero e pensò “ ah, che cazzone, se l’è pigliato in quel posto! Io sono un leone, che crede, e sugli alberi ci so salire!”. Giovanni però aveva avuto un culo considerevole a salire per caso sull’unico pino della savana. Prese delle pigne e cominciò a tirarle in testa al leone. Questi prima disse che lui era un leone, e mica si faceva fermare da un paio di pigne; poi, dopo un paio di pignate sul naso, sbottò: « Ma vaffanculo, ci sono tanti cretini che corrono, mi metto a perder tempo appresso a te! » e andò via.
Quello fu un momento storico: Giovanni aveva trovato la sua alternativa alla vita massificante ed alienante delle gazzelle, era riuscito a fare quello che nessuno della sua specie aveva mai fatto prima.
La mattina seguente, e poi quella dopo, e quella dopo ancora, Giovanni reiterò con successo l’esperimento, osservato con sentimenti ambigui dalla comunità delle gazzelle.
Una parte della società, prevalentemente composta da giovani gazzelle, era interessata alla prospettiva di non dover correre più, e intimamente lo ammirava.
Un’altra parte, prevalentemente composta da vecchie gazzelle e signori di buona famiglia, era indignata a causa dello sprezzo per la tradizione implicito nel contegno di Giovanni, e si chiedeva dove si sarebbe arrivati con una cotale gioventù.

Finale ottimista, progressista, alla “gabbiano Jonathan Livingston”

Giovanni iniziò a fare proseliti e ad essere considerato un guru.
Molte giovani gazzelle cominciavano a credere in un’alternativa a quella vita frenetica e opprimente. La mattina, oltre a vedere gazzelle correre da tutte le parti, trovavi chi si rintanava in una grotta, chi si faceva ricoprire di sabbia, chi faceva l’apnea nello stagno di acqua putrida e opaca. Giovanni si era costruito una casetta di legno sul pino e aveva fondato un circolo poetico. Invitava sempre un sacco di gente e leggevano poesie, cantavano, giocavano a Risiko. Anche la sua vita sessuale migliorò molto grazie a quella casa.
I circoli artistici sorsero un po’ dappertutto, e i ritmi di vita cominciarono ad essere più distesi e sopportabili.
Pian piano, anche i meno convinti e i più tradizionalisti capirono che, forse, era meglio così per tutti, anche se la maggior parte delle gazzelle continuava a correre.
E tutti vissero felici e contenti.

Finale pessimista, amaro, di denuncia politica, alla “delitto Matteotti”

Giovanni fece un paio di proseliti, ma la comunità, nel complesso fortemente tradizionalista, lo guardava di cattivo occhio.
Il partito ultraconservatore aveva superato il 20% alle ultime elezioni. Anche se non era andato al governo era molto tollerato, e cominciava ad organizzarsi in squadracce.
L’esempio di Giovanni preoccupava molti tradizionalisti per la sua portata eversiva dell’ordine costituito. Così molti chiusero un occhio quando le squadracce lo andarono a pizzicare sotto al pino e lo uccisero di botte.

Finale sconsolatamente realista, disilluso, che non lascia spazio alla speranza, alla “Ideale dell’ ostrica”

Giovanni era emarginato da tutti e considerato uno strambo. All’epoca aveva 17 anni, e per un annetto continuò a fare “l’alternativo”. Quando l’entusiasmo adolescenziale sbollì, però, lui cominciò a soffrire per la sua mancata integrazione. Per di più Gazzella lo aveva lasciato per un notaio. Giovanni cominciava a perdere l’autostima e a dubitare di essere nel giusto, visto che il suo contegno anticonformista e un po’ asociale gli aveva procurato il disprezzo dei più.
Così, con la maggiore età, lasciò perdere gli alberi e riprese a correre come tutti gli altri.

Finale plausibile

Era sera e Giovanni dormiva. Il leone si arrampicò sul pino e lo mangiò.
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1 commento:

Lorenzo ha detto...

finale realista :)