13/12/10

I viaggi di Penelope/Volevo una casetta piccolina in Canadà...

Ogni volta che si disfa una valigia bisogna pensare a cosa si è riportato indietro con sé. Ci penso un po'...mmmhhh poco, pochissimo. È la mia quarta volta in tre anni ad Agrigento: un Mcdonald in più, qualche altro palazzo dove proprio non ci dovrebbe stare, qualche crollo ricostituito ma sostanzialmente è sempre la stessa, con i magazzini per ogni acquisto che si chiamano “Pelonero” e i negozi di scarpe “Calzature contemporanee”. Eh si, perché è uno strano rapporto quello della città con la contemporaneità. Oltre i Templi i grattacieli, ma in centro città tutto sembra essersi fermato a 50 anni fa.

Per non parlare del Villaggio Mosè. O forse avrebbero dovuto chiamarlo Noè. Un posto da fine del mondo, da diluvio universale e da pochi (e non buoni) sopravvissuti. Sabbia desertica, sole africano e alberghi di un lusso anni '70 che sanno solo di decadenza. Attorno i sempreverdi cartelloni pubblicitari, le pompe di benzina, gli abusivismi edilizi. Ma c'era poco tempo anche per vedere le cose brutte. Il tempo lo passavo tra l'Hotel (manco a dirlo si chiamava Mosè) e il Palacongressi, un luogo perfetto per lasciarti troppo tempo per pensare e così anziché mettermi Dante o Pirandello in un panino come sconsiglierebbe qualcuno davo da mangiare alle mie inquietudini che avrei voluto, invece, lasciare a casa.

L'immutabile mondo accademico è lì a NON attendermi. Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre ma soprattutto se sei giovane sempre pietre prenderai! C'è la fastidiosa Prof che mi sbaciucchia come fossi sua figlia di 5 anni, il fu rivoluzionario degli anni '70 ora tanto aggrappato alla sua poltrona che manco mi guarda in faccia, l'editore che quasi mi chiede “e tu, che classe fai?”, il relatore maschilista che vede anche negli alberi simboli fallofori, fallocentrici, fallocrati e continua ad usare tutte le possibili declinazioni della parola! Il regista improponibile con camicia aragosta e cravatta rubata nei peggiori negozi dell'est che però è un grande oratore, la russa che fa studi pirandelliani in Italia, la siciliana che insegna a Klagenfurt, l'abruzzese negli Stati Uniti, il polacco che sa di rifugiato politico che sta a Montreal. Solo con il mio insostituibile compagno del viaggio di andata, già incontrato due anni prima, amo passare il tempo. Napoletano di origini, dopo la Francia ora vive a Toronto. Mi fa sentire a casa...e soprattutto non mi tiene ore a parlare di inutili fatti personali ma è lì a scambiare con me progetti ed idee! Ma quelle poche cose belle le ho già quasi dimenticate...ah dimenticavo anche di dire che ero andata lì da relatrice, per l’appunto!

L'Italia vista da fuori non è peggio di quella che vediamo noi da dentro...situazione politica singolare, 600 mila posti di lavoro persi in 2 anni, il paese europeo a più alto tasso di disoccupazione con gli stipendi e i salari più bassi, il 6° paese tra 30 per diseguaglianze tra ricchi e poveri...Penso che ormai lavoro solo gratis e che non ho un futuro...questo Canada razionale e razionalista che investe sui giovani e sul multiculturalismo mi sembra invece il migliore dei mondi possibili!

Penso che forse al mio ritorno la mia valigia sarà piena di queste storie, delle storie degli altri. E invece no, ho avuto troppo tempo per pensare e mi accorgo che aprendola ci son solo troppi vuoti da colmare. E mi viene in mente lo stupore nel vedere le stelle del mio amico napoletano-franco-canadese: «in Canada c'è talmente tanta luce ovunque che le stelle non le vediamo mai». Eh già...nelle nostre vite ci manca forse il necessario ma del superfluo ne abbiamo una tale abbondanza!









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