02/06/12

Dall'Argentina per un equivoco!

Questa storia devo raccontarla per forza dall'inizio...più o meno a metà marzo leggo di un call for paper per un convegno a Còrdoba...e dentro di me penso: Che bello...è da tantissimo tempo che sogno di andare in Andalusia. In tutta fretta mando una proposta di intervento. Mi arriva la risposta dall'Istituto italiano di cultura di Av. Ayacucho 131, Còrdoba...Argentina. Argentinaaaa? Ma come Argentina? Ebbene si la mia fretta nel leggere il bando non mi aveva fatto capire che si trattava della città omonima sudamericana e non di quella andalusa. E così dopo considerazioni e indecisioni varie una volta ricevuta notizia della scelta del mio saggio decido di partire. Sono passati tre giorni e sento il bisogno necessario, impellente di comunicare con voi che siete dall'altra parte del mondo, dell'emisfero, di notte, d'estate. Devo ancora spiegarlo al mio corpo che siamo dall'altra parte del mondo e forse scrivendolo se ne convincerà e mi farà dormire di notte e stare sveglia di giorno! Prime impressioni di questa città, poche perché come in ogni convegno che si rispetti ti lasciano il tempo libero solo per correggere la tua relazione e parlare di fretta al telefono con i tuoi affetti. Corrono, corrono tutti tanto che ancora non riesco neanche a mangiare se non camminando. Strade che si incrociano in cui è facilissimo perdersi per poi capire che era molto più facile non perdersi. Tutto è caos, tutto è kitsch. Ho visto tre musei di arte moderna e contemporanea e mi sembra che riciclino tutto non per un fatto propriamente artistico ma proprio perché fanno tutto con quello che hanno. E così il classico venditore ambulante che da noi venderebbe accendini o calzini qui va in giro con un cesto di salami e salamini, quelli che a terra metterebbero borse che imitano borse ancor più brutte qui mettono scarpine per neonati. Le donne vanno salutate o anche ringraziate con il bacio sulle guance altrimenti se la prendono, tre tassisti su tre hanno origini italiane, due su due possono vantare amicizie in comune (uno conosceva la funzionaria dell'istituto italiano di cultura con cui mi ero scritta via mail, l'altro tra i “napoletani” Maradona). Un tassista ieri ha capito che dovevo andare in Calle Felipe II e non all'hotel Felipe II e sono finita in una periferia sperduta e tremenda...terrorizzata in un misto di lingue dallo spagnolo al francese al latino gli ho spiegato che forse mi stava portando in un posto sbagliato, mi ha risposto incazzato che suo padre italiano mi avrebbe detto: italiana non capici niente! In effetti finora oltre ad aver capito che salir vuol dire uscire e burro vuol dire asino so dire poco altro. Finora ho all'attivo solo una sera al Teatro Real, stasera ho la cena cosiddetta di “cameraderia” e attendo la serata offerta dal console (e lo so che state tutti fremendo per sapere)con cerimoniali vari e concerto dell'orchestra sinfonica che accompagna il pianista Davide Cabassi al Teatro del Libertador...trovo che il nome Libertador sia di una musicalità bellissima. Del pianista ci hanno messo anche una foto nella cartellina di cui ci hanno dotato all'inizio del convegno. Aspetto sempre con ansia il momento della cartellina perché trovo dica sempre molte cose sul paese in cui viene preparata. Volevo scrivervi queste prime righe mentre dico a me stessa e a quelli che ancora mi chiedono cosa voglio fare “da grande” (viste le apparenti troppe cose che faccio): nulla di più di quello che faccio ora, semplicemente continuare ad emozionarmi...sempre.
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