Quando torniamo da un viaggio ci portiamo dietro un sacco di stimoli, emotivi prima di tutto, e poi sensoriali, specie visivi e olfattivi. Per giorni “vediamo" ancora altre cose, “sentiamo" quello che non c’è, “assaporiamo" quello che ricordiamo. Raccontiamo a tutti quanto era bello e quanto sarebbe meglio del posto in cui viviamo. Ci danniamo per essere nati in Italia che al momento è uno dei posti più sfigati che potesse capitarci. Pensiamo a come sarebbe stata la nostra vita se fosse andata diversamente...poi piano piano torniamo con i piedi per terra e per fortuna. E spariscono tutti i congiuntivi e i condizionali.
Ma le prime cose che mi mancano quando torno e quelle a cui faccio più fatica a disabituarmi sono soprattutto i più vasti orizzonti, a Bn mi sento come un uccellino in una gabbia troppo stretta. Per giorni non prendo la macchina perché - quando sono fuori - cammino per km e adoro farlo, sperando di riuscire a camminare abbastanza da essere stanca. Per giorni lascio che la valigia si disfaccia da sé, senza risultati, per giorni penso al prossimo viaggio (a proposito Pier che ne pensi della Turchia per quest’estate?). Per giorni faccio solo cose che mi piacciono e scelgo accuratamente le persone con cui passare del tempo.
Poi mi accorgo che fuori è estate e che quindi è tempo di un’altra stagione...e sorrido pensando a chi mi ha convinta già da un po’ di tempo che è meglio restare e lottare per cambiare il posto che mi è toccato. Sulla mia testa giganteggia ancora la frase che ho citato in un collage fatto il primo giorno di circa tre anni fa in cui ho deciso di ristabilirmi a Bn: “Percorro ogni giorno una gabbia che vorrebbe farsi giardino”. Qualche bella piantina l’abbiamo messa ma il lavoro è ancora molto lungo. Intanto condivido un’altra cosa che spesso ci portiamo dal posto da cui torniamo, la sua musica. Qualcuno mi ha fatto notare che sembra Raoul Casadei ma ci sarà un motivo se Casadei sta pure nei film di Leconte quindi:
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