Il mare! Il mare! Il Mar Caspio. Blu come il Mediterraneo. Vecchio come quello. Come quello, carico di storia. La vista del mare mi rallegra. Quella delle grandi navi, attraccate lungo il molo, mi dà un senso di libertà, mi fa pensare a scappare... anche da qui.
Baku, capitale dell'Azerbaigian, è una vecchia città affacciata su una baia che a prima vista pare come quella di Napoli. Qui l'Asia è finita e ho la sensazione di essere già vicinissimo a casa, ma anche qui vengo presto sopraffatto da tutto ciò che è ancora sovietico. Comincio davvero a essere stanco della miseria, dello squallore che mi ritrovo sempre attorno, dei sotterfugi, dei piccoli traffici con cui la gente mi sembra costretta a sopravvivere.
Un mese fa, all'inizio di questa rivoluzione che metteva fine al comunismo, m'era parso logico che un'ondata di speranza avrebbe travolto il paese, che in qualche modo ci sarebbe stata un'esplosione di energie, un ritorno alla fantasia, uno sbocciare di nuove idee, un mutare nei rapporti umani. Invece, dovunque vado, tutto mi pare come prima, anzi peggio, e al fondo non incontro che il vecchio grigiore su cui ora, per giunta, non sventola neppure più l'assai decorativa e in qualche modo luminosa bandiera rossa.
(Tiziano Terzani, Baku, 27 settembre 1991)
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