07/07/10

L'Italia finta e L'Aquila reale

Un berretto giallo, macerie, sfollati e sofferenza. La ricetta giusta per fare incetta di consensi e domare i telegiornali nazionali. Berlusconi ci ha provato. Era l’aprile del 2009, inscenava una rappresentazione con tanto di costumi e attori, servendosi di una brava compagnia, la Protezione Civile, così perfetta da volerla promuovere a Società per Azioni, senza però riuscirci. Era tutto pronto: lo spumante, Anemone con i suoi appalti, Bertolaso con la tutina, i giornalisti servizievoli, le forze dell’ordine in uniforme. Tutto pronto. C’erano difficoltà all’isola della Maddalena, si procedeva a rilento per la preparazione del G8. La Protezione Civile, oramai organo deputato alla “organizzazione” di eventi e non più a far fronte alle emergenze, lucrava sulle strutture per il summit, risultate poi inutili e fatiscenti, e non riusciva nemmeno a finirle. Per un ammontare di 327 milioni 500 mila euro pagati dai cittadini italiani. E voilà, scatta la mossa comunicativa: versare qualche lacrima ai funerali delle vittime del sisma e trasformare L’Aquila in Disneyland. Approfittare di nuovi appalti, spendere altri 184 milioni 974 mila euro di soldi pubblici e trasferire il G8 nel capoluogo abruzzese. Ecco il coupe de theatre: sfilare davanti alle telecamere, mettersi in posa per i fotografi e mostrare la sofferenza ai potenti del mondo. Sfruttare il dolore, cavalcare la morte, servirsi dell’uomo debole per dare forza al potere. Tutti strumenti totalitaristi infallibili in una nazione obbediente, cieca e silente. E via a costruire in poco tempo qualche casetta, inaugurarla, e mostrare a tutti quanto si è efficienti e veloci. Se poi gli altri rimangono in tenda per anni e i vecchietti finiscono isolati negli alberghi sul mare, poco ce ne frega, l’importante è tenerlo a tacere. Sabrina Guzzanti mostra bene nel suo “Draquila” le condizioni degli sfollati nei campi-lager. Il decreto emergenziale è uno strumento utile in caso di cataclismi, ma molto delicato. Permette di bypassare le leggi, in questo caso una sospensione dello stato di diritto con la scusa dell’urgenza. Ecco allora spuntare il “capo-campo”, una sorta di podestà che vieta ai terremotati in tenda ogni forma di protesta e cerca di scoraggiare gli organizzatori delle assemblee. E ancora gli abusi di potere delle forze di polizia che vietano ciò che normalmente viene garantito dalla Costituzione: la libertà di manifestare. Vengono stracciati manifesti, sequestrati striscioni, zittiti uomini e donne e controllati a vista tutti i movimenti. Una macchina da guerra che sembrava infallibile. Nessuno avrebbe saputo quello che stava accadendo, tutti erano complici, anche l’informazione. Ma all’improvviso il palloncino si sgonfia. Inizia a bucarsi quando spuntano le intercettazioni (!) con tutti i protagonisti e retroscena della rappresentazione inscenata dal regista. La magistratura scoperchia la pentola e ci mette il naso. Il palloncino si sgonfia definitivamente quando gli aquilani si accorgono di essere stati presi in giro, prendono coscienza, scendono in strada, urlano e prendono manganellate. Erano seduti un attimo fa a godersi lo spettacolo, si immedesimavano con il protagonista, ma improvvisamente crolla la scenografia, vengono giù tuniche, parrucche, nasi finti e trucco. La catarsi si diffonde, una vibrazione che scuote velocemente tutta la comunità. L’uomo si sveglia. E’ un campanello d’allarme che sembra risuonare nelle teste di molti italiani, non tutti. La disperazione fa da leva e si fa largo tra la gente, pian piano, in tutti i settori della società. Il 50% della ricchezza italiana è nella mani del 10% della popolazione. Il divario sociale aumenta di continuo e l’inasprimento delle già precarie condizioni di vita sta risvegliando gli animi. Eppur si muove disse Galilei. Il sensazionalismo non funziona più. E’venuta giù la maschera del piccolo uomo che si è fatto da sé. I tasselli del puzzle si uniscono poco per volta. I capitali della mafia nella scalata imprenditoriale di Berlusconi e l’aiuto dei suoi fedelissimi Previti e Dell’Utri, uno condannato per corruzione in atti giudiziari e l’altro condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa. Sono trascorsi quasi 20 anni da quel lontano “scendo in campo” del 1994 per evitare giudici, condanne e galera. Il “ghe pensi mi” non ha più lo stesso effetto. Il vestito da uomo buono è vecchio, consunto. Berlusconi ha finito le pagine del copione, i suggeritori non sanno più cosa dirgli, sbagliano di continuo. Ora è solo sulla scena, davanti a lui c’è un pubblico attonito che al primo atto applaudiva, ma per il secondo sta già preparando ortaggi e fischi. Il re è nudo. E’ la fine.

Magari mi faccio prendere troppo dall’ottimismo. Mi ha ha fatto riflettere la frase di un amico riferita all’ipotesi di una caduta del governo Berlusconi: “Sono così assuefatto al peggio che non contemplo nemmeno ipotesi di questo tipo”.


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1 commento:

piergiorgio ha detto...

sono d'accordo, il vecchio berlusconi ha fatto l'acido