30/10/09

Tre giorni



Io lo so, che credete? Mi rendo conto che con "Un giro di re" ho già dato ampiamente il mio contributo di pesantezza a questo blog. Capisco che non se ne possa più di storie di amori falliti in partenza e ovviamente finiti. Ma è nei momenti di sofferenza che la penna e il cuore vanno all'unisono, cosa posso farci. Tra fogli, quaderni, moleskine, libri, ho trovato questo. E' roba vecchia, quattro o cinque anni fa, probabile che certe cose le esprimerei oggi in maniera del tutto diversa, anche se provassi esattamente lo stesso. E' anche il segno che dovrei mettere ordine tra le mie cose. E nella mia vita.

Siamo stati come il pastorello innamorato della Madonna. Clandestini e fugaci. Passeggeri, qualcosa che trovi per caso e poi perdi e provi a dirti che non ti importa più di tanto. La notte ci toccavamo l'anima e il cuore, al mattino fingevo di dormire e ascoltavo il modo in cui parlavi agli altri di ciò che dicevo. Mi piaceva il tuo italiano zoppicante, mi pareva di vederlo arrancare e rialzarsi a stento. Giravi seminuda incurante di chi ci fosse in casa, e non sono mai riuscito a farti cambiare abitudine. Indossavi le mie t-shirt che avevo tolto e lasciato cadere a terra, in modo da impedirmi di andarmene. Uno dei rimpianti della mia vita è stato il non poter indossare ogni cosa di te, per renderti impossibile la partenza.

Sono un amante della natura, ma ho odiato l'oceano con tutto me stesso. Chi sono io per sfidare l'oceano?, ti chiedevo. E tu ridevi con un'ombra di tristezza nello sguardo. Pochi secondi di contatto tra il mio e il tuo erano stati impietosi. Ci avevano confessato che i nostri occhi non sarebbero bastati a nascondere la verità delle parole che ti erano cadute a gocce dalla bocca: parto tra un mese. Ne era già passato uno, ma non avevamo mai menzionato il momento in cui avresti dovuto andartene. Non volevi che ne parlassimo neppure per un istante, per questo abbiamo tenuto quei giorni aggrappati così stretti ad ogni cosa che ci occupava i pensieri. Camminavamo attraverso gli scenari che ci eravamo creati, ma i colori iniziavano a sbiadire. Percorrevamo le strade su cui era scritta la nostra storia, ma iniziavamo a vederne la fine.

Ora sono trascorsi tre giorni, vorrei che le cose fossero semplici come dicevi: che lasciarsi avrebbe risolto ogni cosa, che la partenza avrebbe coperto gli errori che ho fatto. Ma il tuo nome me l'hai marchiato sulla pelle, sono rimaste le nostre impronte nei luoghi dove abbiamo camminato insieme. Dormire non è più riposo, sono le ore in cui muoio. Non voglio addormentarmi con il cuore che manca i battiti, il tuo odore sul petto, poche parole in cui trovo sollievo. Passo il tempo a toccare i punti in cui mi manchi, e li sento cedere.


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6 commenti:

3x7 Strega a Fette ha detto...

Un pò perchè come te a volte rovisto tra fogli, quaderni e moleskine le mie sofferenze....
Un pò perchè le tue parole sono appassionate anche se tristi...
Un pò perchè anche le mie giornate sono accompagnate da sentimenti nostalgici....non me la sento di non commentare quello che hai scritto.
E'difficile coesistere con esperienze spiacevoli e dolorose, siano queste di natura emotiva, fisica o siano essi aspetti della nostra personalità che non gradiamo.
Ciò che ci può condurre alla fine della sofferenza è, paradossalmente, solo il suo consapevole attraversamento.

Claudia ha detto...

bellissimo! devi scrivere un romanzo assolutamente!

grace ha detto...

ecco dove forse vanno a finire le acque di scolo di tutti i nostri sguardi appassiti.

grace ha detto...

e, cazzo, i mogwai.

kontrasto ha detto...

e grazie. e scusate il ritardo, ma tele2 mi ha appiedato, sono stato fino ad ora a piantare grane.

claudia, mi sembrerebbe un po' pretenzioso.. ;)

mari ha detto...

..dolcemente struggente...
e una lacrima mi ritrovai sul viso...